Durata massima, decadenza e fraudolenza nei contratti a termine: le cinque vie della nomofilassi neotomista
di Francesco Andretta
Articolo pubblicato sulla rivista Labor.
Del tutto peculiare sono le fattispecie rappresentate dalla successione reiterata dei rapporti o contratti a termine o dei contratti di somministrazione a tempo determinato e della applicabilità o meno dell’istituto della decadenza legale.
La questione, alquanto altalenante nella sua soluzione sul territorio nazionale e molto dibattuta nel merito, è stata disaminata, quanto alla somministrazione a termine, a diverse riprese dalla S.C. con conclusioni ed iter logico-giuridico del tutto diversi tra di loro.
- In prima battuta, la Cassazione, con la sentenza n. 27758/2020, ha ritenuto applicabile all’istanza di tutela avverso il divieto di superamento della durata massima l’istituto della decadenza, assumendo, con una motivazione autoreferenziata, che “in ogni caso, è pacifico che la impugnativa va proposta alla cessazione del contratto per effetto del quale o nel corso del quale si determina il superamento del detto termine, essendo evidente la liceità dei singoli contratti a termine sotto ogni profilo di legge quanto meno prima della stipula del contratto che determina il superamento del termine dei 36 mesi, che comporta il sorgere di un onere per il lavoratore di contestare stragiudizialmente la violazione di legge;” (capo 3.2),
Ossia, che il lavoratore che intende avvalersi della trasformazione a tempo indeterminato di una serie reiterata abusiva di contratti di contratti a termine deve impugnare il contratto a termine, entro lo spirare dei termini che decorrono dalla fine del contratto (ed a seconda della legislazione tempo per tempo vigente) che ha determinato il superamento della durata massima (nel caso di specie 36 mesi).