La pandemia in uno Stato non più sociale
di Silvia Ventura
Sono più di due mesi che un’informazione atrofizzata, poco incline ad affrontare con parole chiare la complessità del mondo, votata alla semplificazione ed allo slogan, parla incessantemente di “guerra” e di “eroi”.
Chi sono nel mezzo della pandemia questi eroi per l’informazione italiana?
Anzitutto i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari. Ma non i dipendenti di cooperative e società private impiegati nella sanificazione e nella pulizia degli ambienti ospedalieri, spesso con retribuzioni ridicole, turni massacranti e nessun rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. In un secondo momento la qualificazione è stata estesa ai dipendenti della grande distribuzione.
Sono persone che hanno svolto il loro lavoro in condizioni difficili, con turni infiniti, spesso in assenza delle necessarie misure di sicurezza. Ma parlare di eroi serve proprio a distogliere l’attenzione dal fatto che si tratta di lavoratori, come tali titolari di diritti ormai da decenni calpestati. Si parla di eroi per non ammettere che la pandemia ha messo in luce tutti i drammi di un tessuto socio-economico disgregato, un contesto dove l’emergenza abitativa e alimentare ha toccato punte inaccettabili in uno stato che si definisce democratico.
Nulla si dice invece di tutti coloro che, militando all’interno di centri sociali, movimenti politici, case del popolo e associazioni comunque presenti sui territori, si sono impegnati, anche durante la presente crisi sanitaria, nonostante i rischi, per cercare di colmare quanto più possibile il vuoto da tempo lasciato dalle istituzioni.