É compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del Paese. 
(Art. 3, comma 2, Cost.)

statuto lavoratori Nella notte di Capodanno del 1969 l’allora ministro del lavoro Giacomo Brodolini, padre dello Statuto dei lavoratori, così si rivolse ai lavoratori che occupavano da settimane una fabbrica chiusa per dissesto: “Come membro del governo della Repubblica italiana fondata sul lavoro, sento di dirvi che in un caso come questo il Ministro del lavoro non pretende di porsi, come tradizionalmente si dice, al di sopra delle parti, ma sta con tutto il cuore da una parte sola: dalla vostra parte, auspicando uno sbocco positivo alle vostre legittime rivendicazioni"

È possibile ricominciare a pensare a un diritto del lavoro diseguale, come quello che i legislatori del 1970 avevano pensato per i lavoratori di allora?
È possibile pensare nuovamente a un diritto del lavoro che abbia come primo obiettivo quello di ridurre le diseguaglianze tra datori di lavoro e lavoratori e tra i lavoratori stessi?
Noi pensiamo che si possa. Anzi, pensiamo che si debba.

Chi siamo.
Comma2 nasce nel giugno 2017 dall’idea di riunirsi al capezzale del diritto del lavoro per confrontarsi sulle cure necessarie per rivitalizzarlo. Lo scopo della nostra associazione infatti è quello di restituire dignità al lavoro - dignità fortemente messa in discussione dalla legislazione dell'ultimo ventennio - non solo nella sua forma “stabile” ma anche nelle tante forme di lavoro autonomo e/o precario.
Il nome che abbiamo scelto evoca i valori di libertà, dignità umana, eguaglianza sostanziale sanciti nel secondo comma degli articoli 3 e 41 della Costituzione, valori ripresi nel nostro Statuto.

I primi risultati delle nostre iniziative.
In questi anni la nostra Associazione ha operato su più fronti.
Ha tentato di costruire un rapporto con partiti ed associazioni sindacali presentando le proprie proposte, e nostri rappresentanti sono stati sentiti in molteplici audizioni parlamentari sia alla Camera che al Senato.
Inoltre, molti nostri associati sono stati tra i protagonisti di importanti battaglie giudiziarie, nei Tribunali e nella Corti d'appello di tutto il Paese, ma anche avanti la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione, portando a risultati significativi in tema di licenziamenti, contrasto alla precarietà ed in genere di tutela dei diritti dei lavoratori.

Sul nostro sito sono stati ospitati contributi importanti di insigni studiosi e, nella sua Area riservata, grazie al generoso apporto di moltissimi nostri soci, abbiamo creato un utilissimo archivio di giurisprudenza innovativa e di atti giudiziari non altrimenti reperibili.
La nostra mailing list ha rappresentato un importante strumento di confronto interno e di scambio di informazioni ed esperienze.

Le prospettive.
Non c'è dubbio che, dal momento della nostra nascita, si sia assistito ad una sia pur timida inversione di tendenza anche della legislazione in materia di lavoro, che, con il contributo 
importante della Corte Costituzionale, ha portato un parziale smantellamento dell'impianto del Jobs Act.
Questi risultati positivi però non bastano ancora, in quanto i nostri obiettivi  fondamentali sono ben lontani dall'essere stati raggiunti.
La reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato, unica misura tale da rendere effettiva ogni altra tutela, non è stata infatti riproposta al centro del sistema, che resta fondamentalmente incentrato su misure meramente indennitarie, sia pure meno irrisorie di quelle originariamente previste dal Jobs Act del Governo Renzi.

La totale gratuità del processo del lavoro non è stata ripristinata dal legislatore, nonostante l'impegno della nostra associazione e nonostante la sentenza della Corte costituzionale n. 77/2018.

Pertanto non intendiamo demordere, in particolare in questo difficile periodo nel quale la pandemia ci ha drammaticamente 
dimostrato che è quanto mai necessario un sistema universalistico di tutele per i più deboli ed i più esposti.
La situazione nell'ultimo anno non è precipitata soltanto grazie ad alcune coraggiose misure adottate dal Governo, quali la generalizzazione della CIG ed il blocco dei licenziamenti economici, ma ciò non ha potuto impedire che, come sempre, i primi a pagare siano stati i precari ed i meno tutelati.
In un'epoca di grandi e rapidissimi mutamenti, si avverte in misura ancora maggiore la necessità di condurre la battaglia, politica e culturale, per cui è nata Comma2.

Confidiamo che continuino ad aderire alla nostra Associazione non solo avvocati, ma anche docenti (universitari e non), giornalisti, ex magistrati, sindacalisti, operai, impiegati, quadri, pensionati, studenti, disoccupati, inoccupati, cittadini comuni che abbiano a cuore gli scopi sociali e intendano impegnarsi nel perseguirli.

BACHECA


AUDIZIONE CAMERA DEI DEPUTATI

Audizioni informali nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 1752​, di conversione in legge del decreto-legge n. 19 del 2024, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Camera dei deputati - Registrazione video.

In rappresentanza dell'Associazione Comma2:
avv. Avv. Carlo Guglielmi.

RELAZIONE AUDIZIONE
Autore:  avv. Carlo Guglielmi.
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Prescrizione dei crediti di lavoro: la Cassazione stabilisce un importantissimo principio

di Alberto Piccinini e Eugenia Tarini
Articolo pubblicato sul Blog de Il Fatto Quotidiano.

Con sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022 la Cassazione ha stabilito un importantissimo principio di diritto relativo alla data da cui far decorrere la prescrizione per i crediti di lavoro. Quella che potrebbe erroneamente sembrare una astratta questione tecnico-giuridica ha invece una portata applicativa molto concreta per il portafoglio dei lavoratori e delle lavoratrici.

Cosa si intende con il termine prescrizione?

La prescrizione (in ambito civile) è l’istituto per cui un diritto non può più essere esercitato in conseguenza (e a causa) dell’inerzia del titolare. Per i crediti retributivi tale termine è di 5 anni, per cui se qualcuno durante tutto un quinquennio non ha mai rivendicato, che so, delle differenze retributive per aver svolto mansioni di livello superiore o del lavoro straordinario non pagato, non può più farlo.

E perché è previsto questo limite?

Il motivo dell’esistenza di questo istituto risiede non nel sadismo del legislatore, bensì nell’esigenza di certezza del diritto: si ritiene che nessuno possa essere esposto in eterno alla possibilità che qualcuno gli muova delle richieste economiche.

E da quando decorrono i 5 anni per rivendicare i crediti di lavoro?

Ed ecco che arriviamo al punto della nuova sentenza: ora i lavoratori dipendenti da aziende private con più di 15 dipendenti potranno rivendicare i crediti retributivi entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

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ALLE CINQUE DELLA SERA (Lamento per Giuliano De Seta)

di Giovanni Giovannelli
Articolo pubblicato in contemporanea sul Blog del Colletivo Effimera.
Son cussì disgrazià che pianzo tanto,
Né so se gò dirito ai sfoghi e al pianto.si esaurisce.

Giacomo Ca’ Zorzi Noventa 
(Versi e poesie, pag. 173)     

(Milano, Edizioni di Comunità , 1956)

Alle cinque della sera, in un reparto della piccola fabbrica metalmeccanica BC Service, nel cuore del laborioso nord-est, a Noventa di Piave, è morto Giuliano De Seta, diciotto anni appena compiuti, ultimo anno all’Istituto Tecnico Leonardo Da Vinci (Portogruaro). Per poter conseguire il diploma il giovane studente doveva, necessariamente, documentare qualche centinaio di ore di prestazione gratuita nell’ambito del programma di alternanza scuola-lavoro; e così, alle cinque della sera, mentre stava eseguendo le tassative disposizioni ministeriali, Giuliano De Seta ha perso la vita, schiacciato da una lastra d’acciaio, solo, senza scampo. Lo demas era muerte y solo muerte a las cinco de la tarde.

La cosiddetta alternanza fu introdotta con una legge chiamata “buona scuola”, la 107/2015, commi da 33 a 45, quando ministro in carica era Stefania Giannini, in quota “tecnica” legata al gruppo parlamentare  del senatore Monti, durante il governo Renzi. Il comma 36 escludeva qualsiasi onere per la finanza pubblica e assegnava al dirigente scolastico la responsabilità di individuare le imprese presso le quali il lavoro gratuito obbligatorio si sarebbe in concreto materializzato, anche con riferimento ai problemi della sicurezza.  

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Comunicato di Comma2 sui fatti di Piacenza

Com’è noto martedì 19 luglio 2022, all’alba, sono stati arrestati il coordinatore nazionale del SI Cobas e tre dirigenti piacentini della stessa organizzazione, oltre a due dirigenti dell’Usb: tutti, attualmente, ai domiciliari. Altri due sindacalisti indagati hanno ricevuto l’obbligo di firma e il divieto di dimora a Piacenza.

 Il 3 agosto si è tenuta a Bologna l’udienza per il Riesame sulla richiesta di libertà avanzata da tutti gli indagati.

Invero la maggior parte delle accuse (alcune, relative a condotte finalizzate a vantaggi personali, se accertate, non possono trovare giustificazione) sembrano riferirsi all’attività tipica  - quantomeno nella sua esperienza storica, anche a livello internazionale -  di un’organizzazione sindacale, quale aver alimentato “il conflitto all’interno dei magazzini, provocando scontri con la parte datoriale, con la cooperativa che appaltava la manodopera (…) così alimentando il proprio potere e, usciti vittoriosi dal conflitto, ottenendo l’affiliazione all’associazione di più lavoratori, assicurandosi i proventi di tessere e conciliazioni”.

Gli imputati sono accusati di creare ad arte o alimentare “situazioni di conflitto con la parte datoriale prendendo a pretesto ogni normale e banale problematica di lavoro risolvibile tramite fisiologici rapporti datore di lavoro/lavoratori” per fare picchetti (“illegali”) all’esterno degli stabilimenti interessati, per impedire ai mezzi di entrare e di uscire “anche occasionando scontri con le forze dell’ordine”, occupando la sede stradale, ponendo in essere azioni di “sabotaggio” (azionando l’interruttore di emergenza per interrompere l’azione dei macchinari), istigando i lavoratori a “forme di lotta sindacali illecite” (rallentamento dell’attività lavorativa; uso distorto e illegale della malattia).

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Brevi riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale del 22 luglio 2022 n. 183

di Alberto Piccinini
Articolo pubblicato in contemporanea sul quotidiano il manifesto.

La sentenza della Corte costituzionale n. 183/2022, depositata il 22 luglio 2022, affronta la problematica della legittimità costituzionale della norma del Jobs Act (art. 9 del d.lgs. n. 23/2015) che prevede, in caso di licenziamento illegittimo di un datore di lavoro con meno di 16 dipendenti, solo un indennizzo economico da 3 a 6 mensilità, mentre per dimensioni superiori, l’indennizzo è da 6 a 36 mensilità. In particolare, la Corte è stata chiamata dal Tribunale di Roma a valutare da un lato se tale (unico) requisito sia ancora determinante per individuare le reali dimensioni di un’impresa, e dall’altro se lo “scarto” tra quel minimo e quel massimo consente al giudice di applicare al caso concreto una sanzione adeguata e dissuasiva.

La Corte ha dichiarato inammissibile la questione, ma con motivazioni che meritano di essere evidenziate, anche per il monito che recano per il legislatore.

In passato (nel secolo scorso) la Corte aveva ripetutamente respinto analoghe questioni di costituzionalità sul simile regime differenziato previsto dallo Statuto dei Lavoratori.

Rispetto a tali decisioni la Corte riconosce che “L’assetto delineato dal d.lgs. n. 23 del 2015 è profondamente mutato rispetto a quello analizzato dalle più risalenti pronunce di questa Corte. La reintegrazione è stata circoscritta entro ipotesi tassative per tutti i datori di lavoro e le dimensioni dell’impresa non assurgono a criterio discretivo tra l’applicazione della più incisiva tutela reale e la concessione del solo ristoro pecuniario.”

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Tra “PIRATI” E “CORSARI” L'arrembaggio ai salari

di Enzo Martino
Articolo pubblicato in contemporanea con Volere la Luna.

                In Italia sono stati censiti dal CNEL oltre 900 contratti nazionali di lavoro. Molti di questi contratti sono tuttavia sottoscritti da associazioni sindacali non rappresentative o addirittura “di comodo” (cioè costituite con la connivenza dei datori di lavoro), che hanno come finalità principale quella di ridurre le retribuzioni dei lavoratori. Dumping salariale, quindi, che danneggia anzitutto i lavoratori, ma che nuoce anche alle aziende più serie, in termini di concorrenza sleale.
                Questi accordi sindacali sottoscritti da associazioni non rappresentative sono tradizionalmente definiti come contratti “pirata”.
                Ma ormai da anni si sta affermando un altro e diverso fenomeno, ben più insidioso e più difficile da affrontare, sia sul piano politico che su quello giudiziario: quello dei contratti che, pure essendo stipulati da sindacati pienamente rappresentativi, in quanto articolazioni delle tre confederazioni maggiori, prevedono salari molto bassi, in linea con quelli dei contratti “pirata” e talora sotto la soglia di povertà assoluta.
                A questi contratti di lavoro, con tagliente ironia, è stata affibbiata la definizione di contratti “corsari”: questo perché, in tutto e per tutto, sono simili a quelli “pirata”, con la differenza che il sindacato che li stipula è munito di una lettera “di corsa”, come quella che i Sovrani concedevano ai marinai autorizzati ad assaltare le navi mercantili delle nazioni nemiche in cambio di una parte del bottino. La lettera “di corsa” è naturalmente costituita, in questa colorita metafora, dalla patente di rappresentatività di cui godono i sindacati stipulanti, in quanto aderenti a CGIL, CISL o UIL.
                Episodi quali quello denunciato nel brillante articolo dell'avvocato Massimo Tirelli “Ma quanto ci vuole per affrontare il salario minimo?“ , pubblicato da Comma2 il 06 giugno 2022, e cioè lavoratori che lamentano il fatto di percepire una retribuzione addirittura inferiore ai 5 euro netti l'ora, sono ormai all'ordine del giorno.
                Ma il tema ora è diventato soprattutto il seguente.

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Ma quanto ci vuole per affrontare il salario minimo?

di Massimo Tirelli
Articolo pubblicato in contemporanea sulla rivista mensile Una Città.

Il caso è presto detto: si rivolgono all’Ufficio Vertenze di un Sindacato “maggiormente rappresentativo” (che passa il caso al nostro studio) un gruppetto di lavoratori dipendenti che risultano dalla busta paga essersi visti riconoscere retribuzioni medie intorno ai 4,6 € netti all’ora (circa 700 € al mese!). Il tutto lavorando 38 ore settimanali a seconda di eventuali assegni familiari o meno. Non sono dipendenti di una Cooperativa più o meno fantomatica, come ci si sarebbe aspettato, bensì di una Srl avente scopi industriali di assemblaggio materiale ferroso, costruzioni metalliche, ecc.. L’azienda risulta applicare un CCNL non controfirmato dalle tre organizzazioni sindacali maggiori, ma come ormai noto la mancata applicazione dell’art. 39 della nostra Costituzione (laddove prevede l’obbligatorietà in forza di legge dei Contratti di lavoro firmati dalla OO.SS. che però abbiano acquisito personalità giuridica, cioè nessuno) permette ai datori di lavoro che non siano aderenti (sempre più numerosi, peraltro) a qualche associazione datoriale di particolare rilevanza di applicare il CCNL che ritengono più opportuno (ce ne sono circa 900 depositati presso il CNEL tra i quali poter scegliere quello di maggiore utilità a chi servissero). In sostanza poiché il contratto di lavoro ha natura negoziale e le parti sono “libere” di scegliere lo strumento regolatore in mancanza di un contratto avente forza di legge per tutti, la parte generalmente più forte (quella datoriale) può proporre-imporre lo strumento contrattuale a sé più utile.

Il gruppo di 4 lavoratori che ho davanti sembrano usciti pari pari da un film di Ken Loach: due donne, tra cui la portavoce (capelli biondi tagliati a zero, robusta, occhi color ghiaccio, un poco imbarazzata ma chiara nell’esposizione), un’altra magrissima e giovane con i capelli scuri, e due uomini sui 40anni circa uno con i capelli crespi e quel poco del viso che si vedeva segnato e l’altro

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Mario Draghi: Il massacro delle illusioni

di Giovanni Giovannelli
Articolo pubblicato in contemporanea sul Blog del Colletivo Effimera.
Là dove si trova un esercito i prezzi sono alti,
là dove i prezzi salgono la ricchezza del popolo
si esaurisce. Quando la ricchezza è esaurita
il popolo sarà afflitto da richieste fiscali pressanti.

Sun Zu, L’arte della guerra
(Milano, 1965, II, XII, pag. 119)

 

In occasione del 1 maggio 2022 è stato reso noto l’annuale rapporto Censis-Ugl e non è difficile scorgere nell’elaborazione e nella ricchezza di dati sostanziali l’insegnamento di Giuseppe De Rita, fondatore dell’Istituto nel 1964 e dal 2021 membro del Consiglio d’Indirizzo presso Palazzo Chigi. A dispetto dei suoi novant’anni al governo sentono ancora il bisogno di questo inossidabile grand commis formatosi, come Mario Draghi, presso i gesuiti, nel liceo romano Massimiliano Massimo.

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Disconnesione: Tra formalità e materialità delle regole in materia di lavoro

di Savino Balzano
Articolo articolo estratto da Politica.eu. Rivista telematica interdisciplinare.
Numero speciale 2022. Il diritto alla disconnessione tra teoria e prassi.

Abstract:: the article aims to open a reflection on the right to disconnect. The thesis is based on the assumption that a mere prescription is not a sufficient condition for the law to be effective. It becomes necessary to reflect on the best conditions for the right to be effectively «material» and not merely «formal». The current regulatory framework, characterized by a much less protective Labour law than in the past, does not seem to favour this ambition, as does the excessive us of smart working.

1. Disconnessione: una domanda preliminare

A pensarci bene appare quasi paradossale la necessità di approfondire il tema di uno specifico diritto alla disconnessione, ovvero del «diritto del lavoratore alla irreperibilità» oltre l’orario di lavoro. Per il manovale non è mica previsto un diritto ad hoc a staccarsi dal cacciavite o dal martello a fine turno, così come non è espressamente presente nell’ordinamento una prescrizione che riconosca al medico il diritto di lasciare andare lo stetoscopio alla fine del servizio. Eppure diventa sempre più cogente il bisogno di introdurre un apparato normativo completo a protezione delle lavoratrici e dei lavoratori, le cui attività si prestino particolarmente al rischio speculare di «iperconnessione».
Vengono alla mente le parole di Luigi Mariucci: «Io domando sempre ai miei studenti perché mai nel 1970, ventidue anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, che aveva già perfettamente dichiarato la serie dei diritti civili, politici, di libertà, ecc., c’è bisogno di fare una legge in cui c’è scritto che i lavoratori ...

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Disconnessione digitale: una necessità per i lavoratori (e per tutti)

di Bruno Del Vecchio
Articolo estratto da Politica.eu. Rivista telematica interdisciplinare.
Numero speciale 2022. Il diritto alla disconnessione tra teoria e prassi.

Abstract: the article explores the issue of digital disconnection, reflecting on the link between the right to disconnect and the workplace and its legal meaning in the dimension of work activity.

L’odierna pandemia ci ha fatto comprendere, più di prima, che almeno su una cosa dovremmo essere tutti d’accordo: il nostro modo di lavorare sta cambiando in maniera sempre più rapida. Sta cambiando per tutti: dirigenti, professionisti, imprenditori e lavoratori di ogni livello. Se solo alcuni universi produttivi possono ritenersi «indenni» da una sostanziale modificazione del rapporto trilatero persona – lavoro – tempo (come le professionalità molto elementari), il resto della forza lavoro (pubblica e privata, autonoma o subordinata) ha dovuto rivedere radicalmente il proprio modo di lavorare. E non si tratta solo della riunione «da remoto», divenuta ormai una prassi quotidiana di confronto, o dello scambio di dati e informazioni che sempre di più viaggiano attraverso i nostri dispositivi digitali, protesi delle quali non possiamo più fare a meno. Si tratta, in maniera più fondamentale, di un diverso modo di esserci nel mondo del lavoro, per noi stessi e per gli altri. Se non possiamo o non debbiamo essere nel luogo di lavoro (il nostro ufficio o i locali di una direzione dove fino a poco tempo svolgevamo le nostre riunioni), l’essere sempre reperibili diventa una necessità per noi e per gli altri proprio perché siamo fuori dai consueti uffici, spazialmente lontano da chi si deve relazionare con noi...

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