Le conciliazioni in sede sindacale
di Mauro Tagliabue
La conciliazione, sia in fase giudiziale che stragiudiziale, rappresenta uno strumento fondamentale ed indispensabile in materia giuslavoristica, che consente di prevenire la nascita di numerose controversie tra il lavoratore e il datore di lavoro, nonché di porre fine alle liti già insorte tra le stesse parti.
La centralità del verbale di conciliazione e la sua assoluta ineliminabilità all’interno del processo del lavoro rischiano tuttavia di essere minate da un utilizzo nella prassi sempre più distorto che viene adottato dalla parte “forte” del rapporto lavorativo.
Per definire un accordo conciliativo, e dunque immediatamente efficace e non impugnabile, occorre anzitutto che sia sottoscritto in sede “protetta”, ritenuta dal legislatore quale sede maggiormente funzionale a valutare l’effettiva conoscenza dei diritti assegnati al lavoratore ed a garantire che il suo consenso alla sottoscrizione di un accordo sia genuino e spontaneo.
Le sedi che meglio assicurano tale ruolo di protezione sono dunque: la sede giudiziale (nell’ipotesi in cui sia già stato instaurato un contenzioso), ovvero la sede sindacale, l’Ispettorato Territoriale del Lavoro o ancora i Collegi di Conciliazione e Arbitrato.
La sede sindacale rappresenta in genere la strada prediletta dalle parti per la sottoscrizione degli accordi, vuoi per i costi ridotti, vuoi per ragioni di semplicità e speditezza della procedura. Indubbiamente, tuttavia, la stessa si espone a profili di maggiore criticità, per le ragioni di seguito analizzate.