Lavoro povero e salario minimo
di Carlo Sorgi
già giudice del lavoro
Articolo pubblicato su Questione Giustizia del 01.05.2022
Note a margine del convegno promosso da Magistratura democratica e dall’Associazione Comma 2 svoltosi presso la Corte di Cassazione il 25 marzo 2022
1. La Costituzione Italiana rappresenta tutt’oggi, davvero, un’opera di straordinario livello, non solo sul piano più strettamente politico e giuridico, ma anche su quello più latamente sociale: per non dimenticarne l’eccezionale qualità lessicale.
Per trovare la risposta ad uno dei più gravi problemi, tra i tanti, che assilla il mondo del lavoro, quello del cd. “lavoro povero”, che non consente a chi pure ha un’occupazione di sopravvivere, venendo relegato in una condizione di assoluto disagio sociale, basterebbe leggere il testo dell’art.36, ed impegnarsi a cercarne fino in fondo lo spirito.
Si legge nell’articolo citato: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
La prima osservazione da fare è che molti degli aggettivi che da ultimo vengono abitualmente associati al lavoro sono tutti fuori dal raggio di copertura costituzionale: il lavoro gratuito, per iniziare, non è lavoro, al massimo rappresenta attività di volontariato, ma nulla, nemmeno lo scambio con una qualche attività formativa potrà rendere l’impegno del lavoratore non meritevole di un riconoscimento economico.